martedì 14 agosto 2012

Specchio oscuro

Giudizi critici apparsi sulla stampa


“Che cos’è lo Specchio oscuro? E’ l’immagine della nostra cattiva coscienza? della coscienza resa infelice? delle pulsioni umane inconfessabili? Dionisio Di Francescantonio si ripresenta con una raccolta di racconti il cui fil rouge è il controverso tema dell’identità. Un Ulisse dolente, disincantato, già antieroe rispetto a quello omerico,  emerge dal primo racconto “Per maligne inestricabili trame” (titolo tratto da un verso dell’Odissea). La sua è, in chiave moderna, la condizione dell’uomo itinerante costretto a peregrinare non già per scoprire con orgoglio avventure ed esperienze inconsuete legate a nuove frontiere, ma per “seguire un’occulta linea fatale, un percorso che potevo solo subire”. E’ ancora la voce delle radici, degli istinti più profondamente ancestrali che arma la mano di Austina, “La Rapita“, quando, dopo il sequestro di un malvivente… e dopo il ritrovamento da parte del suo consorte… spara. Ma non già al suo rapitore come sarebbe ovvio, bensì al marito che vuole trarla in salvo. Perché? Forse perché troppo grande sarebbe per lei l’onta di tornare a casa da “svergognata”? In questo caso l’identità è la voce oscura degli antenati e di tradizioni ataviche, cui la donna resta intimamente soggiogata. “La travestita“ è, al contrario della precedente, una donna cosiddetta emancipata dei primi del Novecento dall’identità labile che copia l’ambiente in cui si muove, attraversa deserti…  si veste da uomo, fuma, beve, pratica la promiscuità sessuale fino all’autodistruzione. Tenero e commovente è “Il brutto anatroccolo”… Solo penetrando con grande sensibilità nella mente e nel corpo della ragazza che si nega allo specchio per non vedersi “brutta” è possibile descriverne le paure, le angosce, le insicurezze… Il brutto anatroccolo alla fine diventa, sì, un bel cigno, ma il finale non sarà così fiabescamente consolatorio, poiché altre dure battaglie attendono l’adolescente che si trasforma in donna. Da ultimo, “Specchio oscuro“, il racconto che dà il titolo all’intera raccolta, è la storia di due “inseparabili” gemelli, i quali perseguono il mito della loro forza e invincibilità scambiandosi i ruoli nello studio, nel lavoro, nelle donne che condividono. Qui il tema ottocentesco e perturbante del “doppio” (doppelgaenger) è ribaltato in chiave moderna non già solo nel dualismo  es/ego, io e altro, ma come identità parziali e dimezzate riunite in una meccanica simbiosi, attraverso la quale cercano  una revanche sociale, psicologica e sentimentale. L’epilogo sarà tragico e devastante per entrambi, poiché, autori di un efferato delitto, sono costretti a sottostare a questo sodalizio simbiotico sempre più simile a  una camicia di forza”.
Barbara Majorino, Il Culturista 2010

«Il mare intona una musica soave... lo scafo scivola pianamente sull'onda tagliandola in due creste di spuma». È l'incipit di Specchio Oscuro di Dionisio di Francescantonio, un inizio che è  sigla inconfondibile del linguaggio sontuoso, lontano dalle «trecento» parole rigirate dai tanti con stile all'inglese privo dell'aggettivazione, che qui c'irretisce come «un lento flautato canto di sirene». Eccoci al primo racconto, un asso «pigliatutto» dell'autore per vincolarci ai suoi viaggi d'introspezione nel cuore dell'uomo. Ulisse ha fatto della vita una sfida. Non manca la sposa. Al «Come sarà?», si risponde: «Piena di delusione, d'avversione per chi l'ha costretta ad un'esistenza tronca, privata d'amore».Coup de Théâtre: la tempesta finale da cui si salva solo il protagonista che approda all'Isola. È la terra di Nausicaa, monellaccia che civetta con lui. Nel guardarla «con malinconia non priva di rimpianto», Ulisse dice: «Per maligne inestricabili trame ho sofferto i peggiori dolori, ho perduto la giovinezza, gli affetti, tutto ciò che possedevo. Sono stato sconfitto su tutti i fronti». Conclude però: «Il mio animo anela ad altra meta» e ci consegna - intatto - il sogno di una Patria, paese normale di pace e focolari accesi. Il racconto seguente, «La rapita», ha per scenario una Sardegna «ferma al mondo primitivo e spietato della Bibbia», la stessa della Deledda: una terra ancorata alla pastorizia, dove vige l'abigeato. Oltre a rubare le pecore, un focoso sardo, durante l'assenza del marito, gli porta via la moglie... Il marito va a riprenderla, ma la moglie, quando il rapitore è a terra, mentre il marito sta per sgozzarlo, gli spara... Ipotesi: si era invaghita del rapitore? Capiva forse di avere un'identità compromessa e non poter rientrare nella sua storia di prima? Il libro si dipana sull'identità «mostro da abbattere - sia quella collettiva sia quella individuale -, forma di egoismi e discriminazioni». Annotazione in quarta di copertina che individua il filo conduttore dei racconti. Il terzo, «La Travestita», riguarda una storia vera, d'inizio Novecento. Quella di Isabelle Eberhardt, figlia illegittima di un'aristocratica russa… Isabelle sui vent'anni, conoscendo sei lingue tra cui l'arabo, parte per l'Africa dove vive dei suoi scritti di giornalista e sempre travestita da uomo (se no, non avrebbe potuto muoversi liberamente). Si converte e ringrazia Allah che l'ha «salvata dalle tenebre dell'ignoranza», tale le era sembrata la ristretta società ginevrina di provenienza. Isabelle s'innamora del Deserto, romantica vittima dell'amor d'Africa. Gli altri due racconti, più lunghi, «Brutto anatroccolo» e «Specchio oscuro», riguardano la crisi adolescenziale, ma molto disperata, di una ragazza che si crede brutta, e il rapporto tra due gemelli che l'educazione della madre ha plasmato uguali, sbagliandosi nel credere più forte il gemello Andrea. I due, per interscambiabilità, giungono a dividersi le donne che conquistano. Poi Paolo s'innamora e il rapporto si complica. Il finale ha la sua importanza in questo gioco di specchi e del proprio doppio, tema di Artaud, pietra miliare del Teatro moderno”. Maria Luisa Bressani, Il Giornale 2010
"II titolo della raccolta rinvia al versetto paolino (“Contempliamo un enigma in uno specchio oscuro”,Corinzi, XIII- 12), profetico ritratto dell’uomo moderno che insegue la sua figura riflessa nei rottami dell’ideologia. I racconti interrompono la ruminazione dei pensieri intorno all’evoluzione, proponendo una puntuale fenomenologia della persona mandata fuori di sé dalle passioni inutili… Lo slogan demenziale – “Tu sei l’altro” – grido di guerra alla persona umana e utopia intitolata all’alienazione, è rovesciato negli incubosi racconti del disagio sofferto dalla persona in uscita dalla propria identità per inseguire i fantasmi dei godimenti promessi dai banditori dell’uomo-massa. Il libro, quindi, è apprezzabile quale ritratto impietoso della catastrofe antropologica in atto nella desolata geografia… del buonismo inteso a farsi altro. La buona filosofia, soggiacente al racconto, corre, infine, tra le righe e si diffonde nell’esercizio di uno stile raffinato… che traduce ed esprime… i pensieri alti e gli equilibrati stati d’animo dell’autore”. Piero Vassallo, “Riscossa Cristiana”, 2010.

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