Giudizi critici apparsi sugli organi di stampa:
"La differenza tra barbari e civilizzati non è né strutturale né irreversibile, ma puramente accidentale: se non è mai esclusa la possibilità dell'ascesa del barbaro alla condizione civile, non è neppure impossibile l'inabissamento, la volontaria e lucida discesa dell'uomo civile alla condizione del barbaro, che è descritta da di Francescantonio con sottile e penetrante analisi psicologica. ELDORADO è dunque un pressante invito a riflettere sulla civiltà occidentale, che la suicidaria corrente sessantottina sta trascinando nelle selve del pensiero decostruito e della morale selvaggia". Piero Vassallo, La Discussione, Roma, 6.10.2006
"Ecco un libro che capovolge il mito del buon selvaggio corrotto dall'uomo civile, e racconta come possa, in maniera quasi spontanea e naturale, accadere l'esatto contrario. Siccome oggi vanno tanto i thriller con tanto di suspence, di Francescantonio non si è lasciato scappare l'occasione e ha trovato la chiave per intrigare ed emozionare il lettore. Oltre 200 conquistadores e indios convertiti affrontano la dura esperienza di una traversata sotto piogge torrenziali e continui pericoli alla ricerca di un tesoro immenso quanto illusorio: una montagna d'oro. E' nel corso di questa avventura che il famoso mito del "buon selvaggio", sbandierato da decine di scrittori, da Rosseau a Lévi-Strauss, viene ridimensionato a suon di fantasia ma anche a suon di logica".
Luciano Garibaldi, Secolo d’Italia, Roma,12.10.2006
"All'inseguimento dell'oro degli Incas, seguendo le tracce di un'avventura senza tempo. Ma anche un romanzo storico che, per le sue caratteristiche, ricorda Stevenson, Kipling e soprattutto Conrad... Posto all'interno di una realtà d'estrema barbarie, l'uomo dell'Occidente finisce per dimenticare i principi etici e morali della propria civiltà per convertirsi alla stessa ferocia del selvaggio."
Edo Meoli, Il Secolo XIX, Genova,31.10.2006
"Una storia scolpita senza tregua. Che avanza a carponi aggrappandosi a dogmi. L'autore usa l'accetta e crea blocchi di emozione e storia. È un racconto risucchiato, a ridosso di conquistadores che avanzando si perdono e di indios battezzati senza consapevolezza. Non c'è dilatazione, l'umido soffoca, la pioggia scorre sotto la pelle e le piante stringono la gola. È qui che l'autore s'inabissa. L'io narrante tiene tempi e modi da diario di bordo. Sta registrando un viaggio che vuole altre interpretazioni. Ma osserva e racconta sempre. Anche quando c'è da guardarsi dentro e scoprire l'orrore. Intanto gli appunti sulla foresta falciata dalla pioggia, le abitudini degli indigeni, il «memento» del guadagnare a Dio nuove anime. Mentre gli indios prigionieri assicurano che l'oro c'è, più avanti, oltre la foresta. L'autore smonta il mito del buon selvaggio e lo trasforma in stadio di coscienza. La vecchia Europa ci si specchia e si stordisce. E' il pasto totemico, è la grande madre, è l'indistinto, è la vertigine. Erano venuti per conquistare alla morale e al costume occidentale le Nuove Indie. La pioggia li ha divorati lentamente, li ha spogliati. I piedi si sono induriti e i valori capovolti... Lucido, preciso, disarmante, di Francescantonio stacca su un pezzo di storia, la riporta a galla e la congela. Una foto gravida, spalle all’etnografia laureata”.
Maria Vittoria Cascino, Il Giornale, Genova,2.1.2007
"La differenza tra barbari e civilizzati non è né strutturale né irreversibile, ma puramente accidentale: se non è mai esclusa la possibilità dell'ascesa del barbaro alla condizione civile, non è neppure impossibile l'inabissamento, la volontaria e lucida discesa dell'uomo civile alla condizione del barbaro, che è descritta da di Francescantonio con sottile e penetrante analisi psicologica. ELDORADO è dunque un pressante invito a riflettere sulla civiltà occidentale, che la suicidaria corrente sessantottina sta trascinando nelle selve del pensiero decostruito e della morale selvaggia". Piero Vassallo, La Discussione, Roma, 6.10.2006
"Ecco un libro che capovolge il mito del buon selvaggio corrotto dall'uomo civile, e racconta come possa, in maniera quasi spontanea e naturale, accadere l'esatto contrario. Siccome oggi vanno tanto i thriller con tanto di suspence, di Francescantonio non si è lasciato scappare l'occasione e ha trovato la chiave per intrigare ed emozionare il lettore. Oltre 200 conquistadores e indios convertiti affrontano la dura esperienza di una traversata sotto piogge torrenziali e continui pericoli alla ricerca di un tesoro immenso quanto illusorio: una montagna d'oro. E' nel corso di questa avventura che il famoso mito del "buon selvaggio", sbandierato da decine di scrittori, da Rosseau a Lévi-Strauss, viene ridimensionato a suon di fantasia ma anche a suon di logica".
Luciano Garibaldi, Secolo d’Italia, Roma,12.10.2006
"All'inseguimento dell'oro degli Incas, seguendo le tracce di un'avventura senza tempo. Ma anche un romanzo storico che, per le sue caratteristiche, ricorda Stevenson, Kipling e soprattutto Conrad... Posto all'interno di una realtà d'estrema barbarie, l'uomo dell'Occidente finisce per dimenticare i principi etici e morali della propria civiltà per convertirsi alla stessa ferocia del selvaggio."
Edo Meoli, Il Secolo XIX, Genova,31.10.2006
"Una storia scolpita senza tregua. Che avanza a carponi aggrappandosi a dogmi. L'autore usa l'accetta e crea blocchi di emozione e storia. È un racconto risucchiato, a ridosso di conquistadores che avanzando si perdono e di indios battezzati senza consapevolezza. Non c'è dilatazione, l'umido soffoca, la pioggia scorre sotto la pelle e le piante stringono la gola. È qui che l'autore s'inabissa. L'io narrante tiene tempi e modi da diario di bordo. Sta registrando un viaggio che vuole altre interpretazioni. Ma osserva e racconta sempre. Anche quando c'è da guardarsi dentro e scoprire l'orrore. Intanto gli appunti sulla foresta falciata dalla pioggia, le abitudini degli indigeni, il «memento» del guadagnare a Dio nuove anime. Mentre gli indios prigionieri assicurano che l'oro c'è, più avanti, oltre la foresta. L'autore smonta il mito del buon selvaggio e lo trasforma in stadio di coscienza. La vecchia Europa ci si specchia e si stordisce. E' il pasto totemico, è la grande madre, è l'indistinto, è la vertigine. Erano venuti per conquistare alla morale e al costume occidentale le Nuove Indie. La pioggia li ha divorati lentamente, li ha spogliati. I piedi si sono induriti e i valori capovolti... Lucido, preciso, disarmante, di Francescantonio stacca su un pezzo di storia, la riporta a galla e la congela. Una foto gravida, spalle all’etnografia laureata”.
Maria Vittoria Cascino, Il Giornale, Genova,2.1.2007
"Si può interpretare il romanzo come una sorta di allegoria del fallimento dell'uomo di ogni tempo, che non riesce a vivere secondo l'insegnamento di Cristo e perciò cade inesorabilmente nel male. Il racconto storico del viaggio può quindi essere visto come il percorso dell'anima che, anziché salire a Dio, discende nel gorgo del male. In questo senso la storia dell'anima si carica di simboli: la foresta e la natura ostile sono la presenza del male, i selvaggi sono le tentazioni che insidiano continuamente il cristiano, l'Eldorado è il complesso dei falsi miti e delle illusioni che trascinano l’uomo verso il basso”.
Armando Fossati, Tradizione, Milano,giugno 2007.
"Un romanzo storico che verte su uno dei miti della conquista del nuovo mondo: l'Eldorado, ma è una metafora universale di come, spesso, un'utopia o, meglio, un delirio di onnipotenza possa portare al disastro".
Gian Piero Prassi, Bacherontius, Rapallo,novembre 2008
"L’epopea dei Conquistadores, un viaggio avventuroso
alla ricerca della “città dell’oro”, l’oscuro intrigo della giungla tropicale,
l’agguato, il macabro imprevisto, un pizzico di brivido. Troviamo tutti gli
ingredienti tipici della grande narrativa d’azione in “Eldorado”, l’ultimo romanzo
di Dionisio di Francescantonio.
Lungi però dall’essere il classico racconto di avventure – alcuni critici hanno
parlato a proposito di atmosfera western – o una delle tante letture a la page
che in un cocktail grandguignolesco di sangue e storia offrono a buon mercato
improbabili verità sul passato, “Eldorado” unisce l’avvincente suspence di una
trama imprevedibile fino all’ultima pagina a una riflessione profonda sull’uomo
e sulla civiltà...
E proprio in questa riflessione sulle ferite
profonde di un’umanità che, nonostante i propri progressi, ha bisogno in ogni
istante di essere salvata, sta forse il valore primario dell’opera di Dionisio di
Francescantonio. Un romanzo che, per il costante interrogarsi sui destini
dell’uomo e la forza introspettiva di una narrazione che rimane agile ed
avvincente, potremmo definire essenzialmente metafisico. Al di là di ogni
buonismo “politically correct”, l’autore di Eldorado svela il volto oscuro delle
facili mitologie del “buon selvaggio”, fondate sull’esistenza in natura di
un’umanità immacolata corrotta nei secoli da una civiltà che si vuol far
credere repressiva e perversa. Un mito che, in aperto contrasto con millenni di
tradizione cristiana, percorre un po’ tutta la cultura moderna, da Rousseau a
Levi-Strauss, e ha infiammato gli animi di generazioni di intellettuali,
matrice tanto delle grandi utopie rivoluzionarie, in ricerca di “una nuova umanità”,
quanto della deriva nichilista di un ego dominante ma in fondo dominato,
volontà pura di una forza ancestrale fine solo a sé stessa. Col suo itinerario
ideale agli estremi confini della civiltà, di Francescantonio mostra
con limpida chiarezza il punto di non ritorno di una cultura che idealizza, in
vari modi, uno stato primordiale in cui libero arbitrio e responsabilità diventano
formule vuote. Una prospettiva sempre più diffusa, i cui effetti sono oramai evidenti
anche nel nostro quotidiano.
Alfredo Majo, L'operaio Ligure, Genova, Dicembre 2012
Il 9 dicembre 2012 è stato conferito al romanzo ELDORADO il Premio internazionale di letteratura PORTUS LUNAE. La cerimonia di premiazione ha avuto luogo presso la Sala congressi del NH Hotel di La Spezia.
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